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La paura di donare gli organi

La paura di donare gli organi

Intervista al Prof. Franco Filipponi

Direttore del Dipartimento di trapiantologia epatica, epatologia e infettivologia
Azienda Ospedaliero - Universitaria Pisana
Ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione
Ospedale Cisanello - Via Paradisa, 2 - 56124  PISA
Telefono 050.995.421/2


In Italia, nel 2006, sono stati effettuati 3190 trapianti. Nel 2007 sono scesi a 3043. Colpa dell’aumento dei “NO” alla donazione, ovvero i parenti che si oppongono al prelievo degli organi dei propri cari.
Le opposizioni al prelievo Sono passate dal 27,9 al 31%, e la questione è legata soprattutto a paure e timori infondati riconducibili ad una mancanza di informazione corretta e all’emotività causata da alcuni episodi sfortunati.
Nel 2007 i donatori effettivi sono stati 1194 ed effettuati 3043 trapianti,  ma i pazienti in lista di attesa per ricevere un organo erano 9779, di cui 1482 in attesa di un fegato nuovo.
Nonostante il grande lavoro svolto quotidianamente dai nostri centri trapianto, c’è ancora molto lavoro da fare per salvare vite umane, e ci pare il caso di iniziare proprio dal rifiuto alla donazione, cercando di invertire il trend negativo e possibilmente azzerarlo.
Come?
Innanzitutto eradicando le paure ingiustificate alla donazione con dosi massicce di buona informazione.
Ma non solo.
Ne parliamo con il Prof. Franco Filipponi, direttore dell'U.O di Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato dell'Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana

Prof Filipponi, che ruolo ricopre?
Sono Professore Ordinario di Chirurgia Generale dell’Università di Pisa, direttore del Dipartimento Assistenziale Integrato di Trapiantologia Epatica, Epatologia, Infettivologia e della U.O.C. Chirurgia Generale e Trapianti Fegato.

Nella sua struttura, quanti trapianti fate mediamente in un anno?
Negli ultimi cinque anni presso l’UOC di Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato sono stati eseguiti da 95 a 120 trapianti di fegato ogni anno.

Se ci fosse un numero maggiore di organi disponibili, riuscirebbe ad effettuare più trapianti?
L’aumento della donazione di organi è per noi la priorità giornaliera nel nostro operato. Senza donatori non si fanno trapianti, come sostengono i nostri amici spagnoli. Un ulteriore incremento delle donazioni ci troverebbe pronti a sostenere l’aumento del carico di lavoro che moduliamo grazie ad una organizzazione flessibile all’interno del nostro Dipartimento, finalizzata a garantire il mantenimento degli standard di sicurezza e qualità. Nel corso degli ultimi anni la Toscana ha saputo incrementare più di ogni altra Regione italiana il numero delle donazioni e ha risposto a tale incremento mediante l’attuazione di un sistema regionale di coordinamento delle attività di donazione e trapianto, presieduto dall’Organizzazione Toscana Trapianti (OTT).

Dal suo punto di vista e dalla sua esperienza, quali sono i motivi per cui persistono percentuali ancora cospicue di opposizioni alla donazione degli organi?
Sappiamo da precedenti esperienze e studi di settore che, indipendentemente dal Paese di appartenenza e dal credo religioso, un 25% circa della popolazione occidentale è contraria alla donazione di organi. A tale percentuale si aggiungono tutti coloro che non hanno fiducia nella trasparenza e nell’operato dei professionisti della salute. E’ necessario recuperare la fiducia di questi cittadini mediante un’azione costante di miglioramento dell’assistenza sanitaria in genere, diffondendo la cultura della trasparenza, dell’efficienza e della qualità.

Ci può spiegare quando si procede al prelievo di organi e quali procedure vengono adottate?
Il prelievo di organi da un donatore cadavere a cuore battente può aver luogo allorquando siano soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. l’accertamento della morte del potenziale donatore mediante certificazione da parte di un collegio medico appositamente convocato
  2. il rispetto della volontà espressa in vita dal defunto
  3. la non opposizione al prelievo degli aventi diritto
  4. la stretta osservanza della specifica normativa che disciplina tutte le fasi della certificazione di morte e del prelievo

Per quale motivo, nel caso di morte encefalica il paziente viene collegato a macchinari che suppliscono alle funzioni vitali?
In condizioni di morte encefalica, ossia quando sono cessate irreversibilmente tutte le funzioni del cervello, l’individuo, ormai cadavere, deve necessariamente rimanere collegato a un respiratore e ad altri macchinari al solo fine di mantenere il battito cardiaco e una sufficiente perfusione degli organi fino al termine del periodo della certificazione di morte e all’inizio dell’eventuale prelievo degli organi.

Ci può spiegare cosa significa prelievo a “cuore battente”? Non trova che la definizione possa dare luogo a fraintendimenti per una persona comune?
Il prelievo di organi ha luogo da persone decedute che si trovano in una situazione “artificiale”  in cui il cuore continua a battere e il sangue a circolare solo perché le macchine e i farmaci lo consentono. L’apparente paradosso deriva dal fatto che nell’immaginario collettivo le funzioni vitali di un individuo sono ritenute essere legate alla funzione e alla vitalità del cuore. In realtà, è la presenza e il mantenimento delle funzioni e dell’attività dell’encefalo che permette a un individuo di essere vivo. Nel momento in cui il cervello smette totalmente e irreversibilmente di funzionare, viene a mancare la vita: il cuore potrà continuare a battere, ma l’individuo non potrà mai più tornare a vivere.

Nei fatti, è possibile che una persona dichiarata morta possa tornare in vita?
Una persona per la quale sia stata certificata la morte encefalica, ossia che sia stata documentata la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo, non può tornare a vivere. Le attuali normative, strumenti e procedure di cui disponiamo consentono di accertare l’avvenuta perdita irreversibile delle funzioni dell’encefalo e di dichiarare morta una persona. I criteri clinici e strumentali che la legge italiana ha fissato per la certificazione consentono di stabilire, in maniera incontrovertibile, la morte dell’individuo. 

Che cosa si potrebbe fare per eliminare le paure dei congiunti all’atto della donazione?
Trasmettere fiducia nella qualità dell’assistenza sanitaria. Siamo sempre più convinti che l’opposizione alla donazione rappresenti prevalentemente un segnale di sfiducia del cittadino nell’assistenza sanitaria e nella gestione della salute. Politiche concrete di miglioramento della salute che facciano proprie le esigenze di qualità e sicurezza sempre più espresse dalla collettività, l’umanizzazione delle cure e la riqualificazione del rapporto medico-paziente sono le armi vincenti per abbattere la sfiducia, eliminare la paura e incrementare le donazioni.

Quali altri problemi strutturali sussistono e quali limitano il numero delle donazioni?
Un impulso ulteriore all’incremento delle donazioni può e deve giungere da un diffuso rispetto della legge 91/99, così da ridurre l’attuale divario del tasso per milione di abitanti presente nelle nostre regioni, e dalla diffusione della cultura della donazione tra i professionisti della salute e dei cittadini. Prova ne sono i risultati ottenuti in Toscana, dove l’azione del governo regionale e dell’Organizzazione Toscana Trapianti ha quale fine quello di migliorare globalmente il livello dell’assistenza sanitaria offerta ai cittadini, mediante investimento di risorse economiche, strutturali e umane e l’avvio di una massiccia opera di educazione della cittadinanza e del mondo professionale. A ciò contribuiscono in maniera determinante e preziosa le associazioni di volontariato che operano nel settore della donazione e trapianto e che sanno cogliere e registrare le istanze concrete della collettività e metterle a confronto con le pubbliche istituzioni. In breve, concertazione tra tutti gli elementi del sistema della salute.

Un malato di epatite C o B può donare gli organi?
Sì, un malato di epatite C o B può donare gli organi. Tali donatori, pur definiti a rischio, possono rappresentare una risorsa preziosa per numerosi pazienti in lista d’attesa. Il fatto di essere stati affetti da epatite C o B non significa necessariamente che i propri organi siano malati. Durante le procedure di prelievo di organi, l’équipe chirurgica valuta la qualità degli organi da trapiantare ed effettua gli accertamenti diagnostici del caso per verificare la loro idoneità. I risultati di tali accertamenti, unitamente agli esami di sangue che si eseguono sul donatore e sul ricevente, permettono di stabilire quale donatore e quale organo siano idonei per trapianto e per quale tipo di ricevente. Solo operando un’opportuna selezione dei donatori e dei riceventi e impiegando appropriate terapie post-trapianto, i risultati dei trapianti di organi provenienti individui malati di epatite C o B risultano del tutto sovrapponibili a quelli delle altre categorie di donatori. Inoltre, da alcuni anni il Centro Nazionale Trapianti (CNT) ha attivato un programma nazionale di monitoraggio dei risultati dei trapianti eseguiti con organi provenienti da tali donatori, allo scopo di garantire la sicurezza dei pazienti trapiantati e consentire la diffusione delle migliori pratiche assistenziali.

Cos’è esattamente la Sisqt, “Societa Italiana per la Sicurezza e Qualita' nei Trapianti”? Cosa fa concretamente?
La Società Italiana per la Sicurezza e la Qualità dei Trapianti (SISQT) è una società scientifica di recente fondazione e nata con l’obiettivo di impiegare le migliori risorse scientifiche e professionali per il miglioramento degli standard assistenziali nel settore della donazione e trapianto: ossia per avvicinare il mondo dei trapianti alle esigenze concrete della società civile. I cittadini ci chiedono sicurezza e qualità. A tali istanze sono state spesso fornite risposte inappropriate o parzialmente soddisfacenti. La SISQT si propone di operare un raccordo tra tutti i professionisti del settore della donazione e trapianto, al fine di produrre il miglioramento dell’assistenza e colmare la distanza che troppo spesso separa l’ospedale dal cittadino, il medico dal paziente e il paziente dalla sua malattia. La SISQT ha già elaborato un programma assai fitto di iniziative per la realizzazione di tali obiettivi. E’ attivo un sito web dedicato ai professionisti e ai cittadini (www.sisqt.it) che sarà costantemente implementato con il contributo di esperti. Attraverso la piattaforma informatica sarà attivato un calendario di eventi formativi on-line dedicati a tutti coloro che sono impegnati quotidianamente nella donazione e nel trapianto. Inoltre, è in fase di elaborazione un programma di eventi seminariali e congressuali per l’anno 2009 che avranno lo scopo di far luce sulle criticità e sulle eccellenze conseguite nel settore donazione e trapianto a livello regionale e nazionale. Non dimentichiamo, infatti, che l’Italia rappresenta oggi uno dei primi Paesi al mondo nel settore trapianti, in termini quantitativi e qualitativi.

Cos’altro ritiene importante che i nostri lettori conoscano per aiutare la donazione degli organi?
E’ importante che i cittadini riflettano sul carattere squisitamente sociale della medicina dei trapianti, l’unico settore che si basa su un largo consenso sociale per il raggiungimento di risultati favorevoli. Se i trapianti rappresentano una realtà terapeutica a servizio della collettività, è grazie all’impegno della collettività stessa, che unicamente con la sua partecipazione attiva e consapevole può ridurre i tempi delle liste di attesa. Si tratta, probabilmente, dell’unico esempio in medicina in cui è la società che spinge il progresso scientifico e assistenziale. Chiediamo a tutti i cittadini di non bloccare il progresso meraviglioso realizzato negli ultimi anni e di continuare a sostenerci con fiducia.   

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