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Sofosbuvir approvato in Europa, si apre una nuova via alla cura dell'epatite C

A poche settimane dal via libera dell’Fda arriva adesso anche l’approvazione dell’agenzia europea dei medicinali per sofosbuvir, il nuovo antiepatite C disponibile per via orale che consentirà una cura più rapida, più efficace della malattia, in molti casi senza la necessità di interferone. Inizia una vera e propria rivoluzione nella cura di questa temibile patologia infettiva a vantaggio dei tanti pazienti europei affetti dalla malattia.

L’approvazione dell’Ema si riferisce alla formulazione da 400 mg da somministrarsi once a day. Sviluppato da Gilead Sciences il farmaco verrà messo in commercio con il marchio Sovaldi nei 28 Paesi europei ai quali si applica l’autorità dell’Ema.

Il farmaco è indicato per tutti i pazienti affetti dalla malattia e quindi per tutti e sei i genotipi. Nel comunicato diffuso dall’azienda si precisa però che nei pazienti con genotipo 5 e 6 i dati clinici sono limitati.


Popolazione pazienti

Trattamento

Durata

Genotipo 1, 4, 5 o 6 con epatite cronica

Sofosbuvir + Ribavirina + interferone pegilato

12 settimane

Sofosbuvir + Ribavirina

Solo per pazienti ineleggibili o intolleranti all’interferone pegilato

24 settimane

Genotipo 2 con EC

Sofosbuvir + Ribavirina

12 settimane

Genotipo 3 con EC

Sofosbuvir + Ribavirina + interferone pegilato

Sofosbuvir + Ribavirina

12 settimane

24 settimane

Pazienti in attesa di trapianto di fegato

Sofosbuvir + Ribavirina

Fino al trapianto di fegato


Circa nove milioni di persone in Europa sono infettate da virus dell’Hcv, una delle principali cause di cancro del fegato e trapianto di fegato. L'onere sociale, clinico ed economico dell’infezione da Hcv non trattata è notevole, con costi sanitari HCV-correlati direttamente connessi alla severità della malattia.

L’attuale standard di cura per l’infezione da HCV comporta fino a 48 settimane di terapia con un regime farmacologico a base di interferone peghilato e ribavirina, che può non essere adatto per una parte dei pazienti e che determina la guarigione in circa la metà dei casi.

«Siamo estremamente contenti per l’approvazione di sofosbuvir –ha dichiarato a PharmaStar Ivan Gardini, presidente di EpaC Onlus, l’associazione di pazienti con epatite C-. Si tratta di una notizia straordinaria per le persone affette dalla malattia in tutte le sue fasi, anche per quelle con le forme più gravi come i pazienti che attendono il trapianto di fegato e quelli coinfettati dal virus dell’Hiv. Ci auguriamo che presto tutti i pazienti, anche quelli con cirrosi scompensata, possano accedere al farmaco. Rimane aperto il tema del costo del farmaco –prosegue Gardini- perché una vera innovazione terapeutica, come questa, è tale solo se possono usufruirne tutti i pazienti e non solo quelli con le forme più gravi. Quindi, felicissimi ma con qualche punto interrogativo».

STUDI CLINICI SU SOFOSBUVIR
L'approvazione di sofosbuvir è avvalorata principalmente dai dati derivati da quattro studi di Fase 3, NEUTRINO, FISSION, POSITRON e FUSION, durante i quali, per 12 o 16 settimane, si è valutato il trattamento con Sovaldi in combinazione con RBV o RBV e peg-IFN.

In tre dei suddetti studi si è valutato Sovaldi in combinazione con RBV per il trattamento di pazienti con infezione di genotipo 2 o 3 che erano naïve al trattamento (FISSION), erano stati precedentemente trattati (FUSION) o che risultavano inidonei, intolleranti o non disposti ad assumere peg-IFN (POSITRON). Nello studio NEUTRINO si è valutato Sovaldi in combinazione con Peg-IFN/RBV per il trattamento di pazienti naïve con infezione di genotipo 1, 4, 5 o 6.

Nei suddetti studi la terapia a base di sofosbuvir si è dimostrata superiore ai controlli storici (NEUTRINO e FUSION) o al placebo (POSITRON) oppure non inferiore alle opzioni terapeutiche attualmente disponibili (FISSION) in base alla percentuale di pazienti che hanno esibito una risposta virologica sostenuta (HCV non rilevabile) 12 settimane dopo il completamento della terapia (SVR12). Nei pazienti che raggiungono un'SVR12 l'infezione da HCV è considerata debellata.

I partecipanti alle sperimentazioni che hanno seguito la terapia base di sofosbuvir hanno raggiunto tassi SVR12 compresi tra il 50 e il 90 per cento. Per informazioni particolareggiate sugli studi si rimanda alla sezione Studi clinici delle complete Informazioni sulla prescrizione.

Durante l'esame da parte dell'Fda sono stati aggiunti alla domanda di approvazione del nuovo farmaco i dati derivati da altri due studi di Fase 3, VALENCE e PHOTON-1, in conseguenza della concessione dello stato di farmaco innovativo. Nello studio VALENCE, pazienti affetti da HVC di genotipo 3 sono stati trattati con sofosbuvir e RBV per 24 settimane. L'ottantaquattro per cento dei pazienti partecipanti a questa sperimentazione ha raggiunto una risposta virologica sostenuta alla Settimana 12 (SVR12).

Nello studio PHOTON-1 si è valutata l'efficacia di Sovaldi e RBV per 12 settimane in pazienti affetti da HCV di genotipo 2 coinfetti da HIV-1 e per 24 settimane in pazienti con HCV di genotipo 1 o 3 coinfetti da HIV-1. I partecipanti alla sperimentazione hanno raggiunto tassi SVR12 compresi tra il 76 e il 92 per cento. In tutti gli studi di Fase 3 condotti su sofosbuvir non è stata constatata alcuna resistenza virale al farmaco nei pazienti che hanno accusato una recidiva a terapia ultimata.

A oggi, nel corso di alcuni studi di Fase 2 e 3, è stata somministrata almeno una dose di sofosbuvir a circa 3.000 pazienti.

La terapia combinata contenente sofosbuvir è risultata ben tollerata negli studi clinici. Gli eventi avversi sono risultati di norma lievi e il numero di interruzioni della terapia imputabili ad essi è stato esiguo. Gli eventi avversi accusati con maggior frequenza da almeno il 20 per cento dei pazienti assumenti sofosbuvir in combinazione con Peg-IFN/RBV sono: spossatezza, cefalea, nausea, insonnia e anemia; nel seguito si riportano le Informazioni importanti sulla sicurezza in merito a controindicazioni, avvertenze e precauzioni, reazioni avverse e interazioni farmacologiche.

Come abbiamo visto, per i genotipi 2 e 3 il farmaco potrà essere utilizzato senza interferone, mentre nei genotipi 1 e 4 l’interferone rimane necessario. Sono attualmente in sviluppo altri farmaci anti epatite C che potranno essere impiegati nel genotipo 1 senza la necessità dell’interferone. La stessa Gilead sta sviluppando un’associazione precostuita di sofosbuvir e ledipasvir (inibitore del NS5A), che in studi recenti ha dato il 100% di successo.


Fonte: PharmaStar.it

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