A Foggia l'unità di Epatologia sperimenta i farmaci per il fegato grasso: "Stiamo testando i primi farmaci"

Il direttore Gaetano Serviddio spiega che l'unità (30 posti letto con 80 operatori) è in funzione dal 2019 ma a fine 2022 è stata potenziata. Per la cura della steatosi arrivano pazienti da tutto il Sud
È a Foggia l'unica unità operativa complessa d'Italia dedicata esclusivamente all'Epatologia. "Prima i malati di fegato partivano dalla Capitanata verso il Nord Italia anche per fare semplicemente esami diagnostici, mentre ora possono rimanere qui", racconta Gaetano Serviddio, professore ordinario di Medicina interna all'Università di Foggia e direttore dell'unità complessa agli ospedali Riuniti di Foggia. Non solo: ora arrivano qui da tutto il Mezzogiorno. Anche perché nel reparto si può accedere a cure sperimentali in particolare per il fegato grasso, patologia che rappresenta la metà dei casi.
"L'unità - dice Serviddio - è nata nel 2019 quando avvertimmo la necessità di creare un centro dedcicato alle malattie del fegato. Così quell'anno avviammo una piccola unità con due medici e quattro specializzandi e nel primo anno contammo quasi mille accessi. Oltre 500 persone iniziavano a essere seguite da noi. Durante la pandemia, poi, ci siamo accorti che i pazienti complessi con malattie croniche epatiche avevano una mortalità più alta nella fase successiva alla negativizzazione". E quindi era necessario un reparto nel quale ricoverarli. "Così abbiamo quasi azzerato la mortalità per malattia epatica tra i pazienti che arrivavano da noi".
Da questa esperienza così forte è nata, nel dicembre dello scorso anno, l'unità operativa complessa (prima in Italia) di Epatologia (le altre presenti nella penisola sono piccole unità dipartimentali). Può contare su 30 posti letto, un centro di ricerca e uno staff di circa ottanta operatori, dei quali 14 medici. "Ci occupiamo di tutto: diagnostica, sorveglianza e terapia delle malattie epatiche, tra congenite, virali e oncologiche. Ma il grande boom degli ultimi anni è il fegato grasso - la steatosi epatica - cioè l'accumulo di grasso nel fegato causato da aspetti alimentari, nutrizionali e da una predisposizione genetica. Quella che chiamo la 'sindrome di zio Paperone' (perché si accumula più grasso di quanto sia necessario) colpisce la metà dei pazienti che afferisce da noi, in particolare perlopiù over 45, più uomini che donne". Il 20 per cento di loro sviluppa una forma infiammatoria che può evolvere in cirrosi o tumore. "Al momento non conosciamo le cause della progressione e gli studiosi stanno cercando di capire quali siano i fattori che la facilitino".
Nel frattempo si cercano farmaci per rallentare l'infiammazione, dato che a oggi non ci sono terapie. E vengono sperimentati proprio a Foggia, assieme ad altri (pochi) centri clinici di ricerca italiani. "Quando viene diagnosticata la patologia - con ecografia e analisi sulle transaminasi, enzimi in aumento - oltre a stilare piani nutrizionali personalizzati, proponiamo di partecipare a trial clinici sperimentali se rispettano determinati parametri molto rigidi. Questo permette di accedere ai farmaci precocemente, quando non sono ancora in commercio".
La terapia sperimentale viene somministrata naturalmente dopo una prima fase che ne esclude la tossicità, quindi "al massimo può capitare che non abbia effetti, ma non può essere dannosa". Gli studi possono durare anche fino a cinque anni. Attualmente la molecola più promettente è la Cotadutide di Astra Zeneca (l'unità foggiana partecipa alla sperimentazione con l'Università di Milano, il Gemelli di Roma e le Molinette di Torino). "È nato per la cura del diabete ma ha effetti molto positivi anche sul metabolismo del fegato, siamo in fase di arruolamento".
Attualmente nella stessa unità è in corso la sperimentazione di altri tre farmaci: studio Cosmos sempre di Astra Zeneca (molecola AZD4831), Essence di NovoNordisk (molecola Semaglutide) e studio Gphr della Lilly (molecola Tirzepatide).
Fonte: bari.repubblica.it